Promuovere la fiducia nel giornalismo è una sfida a cui i media, non di rado percepiti come poco credibili o sempre meno autorevoli, non possono sottrarsi.
Non a caso, l'appannamento del prestigio della professione giornalistica - chiamata a “tutelare la libertà di espressione, condizione necessaria per la democrazia e la pace duratura” (Nobel per la pace 2021) - nuoce non soltanto alla salute dell'informazione, ma finisce per danneggiare tutta la società.
Avere cura della relazione con il pubblico, vincere la diffidenza dei lettori, (ri)conquistare la loro fiducia, costituisce allora un preciso impegno di natura etica e deontologica che ciascun giornalista è tenuto a onorare, a maggior ragione nell'epoca della disintermediazione e della iperconnessione. La Giornata di Studio si è svolta su iniziativa della Facoltà di Comunicazione della Pontificia Università della S. Croce e dell'Associazione Iscom. 

Dopo il saluto del Decano della Facoltà di Comunicazione, Daniel Arasa, sono intervenuti il Sen. Giuseppe Moles, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Informazione ed Editoria, e il Presidente dell'Ordine dei Giornalisti del Lazio, Guido D'Ubaldo.

Nell'attuale scenario - ha affermato il sen. Giuseppe Moles - è il giornalista ad assumere un ruolo dirimente, perché è il giornalista che può garantire una informazione di qualità, chiara, basata sulla verifica delle fonti; quello del giornalista è dunque un ruolo di mediazione fondamentale e necessario. Per questo motivo ritengo che il giornalismo, il buon giornalismo sia l’antidoto più potente per contrastare la disinformazione; è solo la buona e corretta informazione che può restituire al settore quella autorevolezza e quella credibilità messe in discussione.

Guido D’Ubaldo si è soffermato sulla deontologia: il fine dell’Ordine dei giornalisti e la sua ragion d’essere. Un dovere per ogni giornalista, quello di rispettare le carte deontologiche. Come deve essere un impegno quello di offrire ai lettori e agli ascoltatori una informazione di qualità. Perché saremo sempre più credibili se dimostreremo di aver studiato prima di scrivere. 

Dopo questa introduzione si sono susseguiti quattro i panel, moderati da Antonino Piccione (Iscom) e Giovanni Tridente (Università della Santa Croce), con la partecipazione di Nataša Govekar (Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede), Mario Morcellini (Alta Scuola di Comunicazione e Media digitali - Unitelma “La Sapienza”), Antonio Pavolini (autore di "Unframing"), Alessio Cornia (Dublin City University (DCU), Assunta Corbo (Constructive Network), Andrea Spinelli Barrile (Slow News), Caterina Malavenda (docente di Diritto dell'informazione) e Donata Columbro (DataNinja).

Il lavoro dei giornalisti – secondo Papa Francesco – ci permette di valutare la crudeltà di una guerra e di essere vicini al dramma di chi soffre. Ne ha parlato Nataša Govekar, riflettendo che ci vuole la fatica dell’incontro per poter offrire un’informazione equilibrata, e tanta capacità di ascolto per essere disposti anche a modificare le proprie idee di partenza. Per poter offrire chiavi di lettura più profonda, non bisogna ergersi a giudici, ma portare il palpito della cronaca a Dio e lasciarsi ferire dalle storie che incontriamo. 

Dal titolo della Giornata - ha riflettuto Mario Morcellini - si scorge quanto percorso intellettuale sia stato sollecitato negli oltre venti mesi di pandemia. Esso riassume le parole chiave che stanno dietro i cambiamenti di atteggiamento dei pubblici nei confronti della comunicazione, ma soprattutto dell'informazione. Ecco perché scegliere la parola fiducia e cura rappresenta una scelta illuminante. Come sempre nelle emergenze, le verità e i bisogni umani si rivelano in modo più trasparente, e la fiducia torna ad essere il cemento prezioso di una nuova relazione tra pubblici, lettori e testi.  

Nel suo intervento, Antonio Pavolini ha osservato come da decenni il modello economico dei media non premia più, in prima battuta, la qualità del contenuto, ma la sua capacità di presidiare la nostra attenzione. Il tipo di contenuto in grado di garantire questo processo di creazione di ricavi è estranea al giornalismo. Quasi sempre non è informazione, è infotainment. La polarizzazione, in particolare, è figlia di questo prerequisito industriale dell'ecosistema dei media, ma produce effetti pericolosi sulla qualità del dibattito pubblico. 

I media italiani sono più o meno polarizzati rispetto a quelli di altri paesi? La domanda se l'è posta Alessio Cornia, che ha osservato come la moltiplicazione delle fonti di informazione online porta automaticamente ad un aumento della polarizzazione del pubblico? Di quanta fiducia godono i media italiani rispetto a quelli di altri paesi? Il confronto tra l’Italia ed altri paesi consente di rispondere a queste domande e di mostrare come il calo della fiducia nella credibilità delle notizie sia collegato all’elevata polarizzazione del sistema mediale italiano. 

Il giornalismo inteso come verità rivelata è come gli stati nazionali: un paradigma del Novecento. Lo ha affermato Andrea Spinelli Barrile, proseguendo che ora è tempo di trasformare il proprio modo di pensare, fare e fruire il giornalismo, una rivoluzione che parte dai lettori per arrivare agli autori, alle redazioni e agli editori. Oggi la disintermediazione dei media e i nuovi modelli di comunicazione online sono lo strumento per consolidare la propria credibilità in un pubblico ben definito. La radice antica del giornalismo, però, resta sempre la stessa: l'ascolto e lo studio. 

Assunta Corbo ha invece riflettuto su come sia arrivato il momento di occuparsi in modo concreto della fiducia nei media. Una sfida che noi professionisti dell’informazione possiamo cogliere utilizzando gli strumenti digitali. E lavorando sulla relazione: le persone sono in rete, è lì che dialogano, cercano le notizie, si aspettano di capire il mondo. Noi siamo pronti ad ascoltarli? Rispondiamo alle loro sollecitazioni? Ci prendiamo il tempo per intercettare i loro bisogni? È quando attiviamo questo dialogo che favoriamo la costruzione della fiducia. 

Un’informazione di qualità e responsabile deve uniformarsi alle regole che disciplinano la condotta dei giornalisti e che impongono la tutela della persona e di tutti i suoi diritti, compreso quello alla riservatezza. Ne ha parlato Caterina Malavenda, aggiungendo come l'informazione debba inoltre vincere la battaglia con il flusso di notizie, spesso immesse nel circuito informativo senza un serio controllo, offerte da chi non è giornalista e non soggiace a quelle regole, che raggiungono gli utenti sui social e che contribuiscono alla formazione del consenso e dell’opinione pubblica. Così è difficile comprendere se quelle notizie abbiano contribuito alla formazione dell’opinione o l’abbiano condizionata. 

Di fronte a temi complessi come la diffusione degli algoritmi per decidere della vita delle persone e la pervasività dei big data, cosa devono raccontare i media? La domanda è stata posta da Donata Columbro, che ha proseguito: un approfondimento sulla narrativa dell'intelligenza artificiale e i dati che sembrano guidare le persone nell'errore e nella disinformazione. E se fosse il contrario? Scopriamo come in realtà il problema non sia usare l’intelligenza artificiale e gli algoritmi per prendere una decisione, ma definirlo e raccontare questo meccanismo come neutro e imparziale. 

Se c’è una cosa che i social – e la rete in generale – hanno insegnato in questi anni, è che loro continueranno ad esistere anche senza l’adesione di quei pochi che vi si oppongono. In questo cambiamento d’epoca - ha riflettuto Giovanni Tridente - anche il “giornalista” deve assumersi l’onere di far parte della gara, continuando ad offrire alla società le primizie e non le cose risapute; lavorare sul contesto, sulle cause, sulle ragioni del perché le cose accadono; accompagnare l’evoluzione delle “storie” alla “soluzione” dell’accaduto, e a un risvolto costruttivo delle vicende. 

Riscoprire i fondamenti della professione per meritare la fiducia del proprio pubblico. È un preciso impegno di ogni giornalista - come ha ricordato Antonino Piccione - chiamato a operare con correttezza e accuratezza, senza però alcuna carità di patria, senza guardare in faccia a nessuno. Tenuto a spogliarsi da ogni appartenenza nell'interesse di un'opinione pubblica libera perché eticamente e deontologicamente informata. Argine a ogni menzogna, manipolazione, arbitrio. Specie in tempo di guerra o di pandemia. 


 

In continuità con le iniziative del 29 ottobre 2019 e del 29 gennaio 2021, la Giornata è promossa dalla Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce (PUSC) e dall’Associazione ISCOM (ente terzo formatore).

Ai giornalisti partecipanti sono riconosciuti 4 crediti per la formazione professionale continua.

 

ISCRIZIONE

a) per gli iscritti all'Ordine dei giornalisti, l’iniziativa è gratuita previa registrazione su www.formazionegiornalisti.it

b) per i non iscritti all'Ordine dei giornalisti, l’iscrizione si perfeziona con il pagamento della quota di 40 € tramite bonifico bancario intestato a ISCOM (Iban IT 74 E 02008 05022000400849235-Unicredit. Causale: nome e cognome del partecipante, ‘Giornata 16 marzo 2022’). Si richiede la previa registrazione tramite e-mail a info@iscom.info, indicando nome, cognome, professione, nome evento.

Previa approvazione del Consiglio nazionale dell’Ordine, ai giornalisti partecipanti saranno riconosciuti 4 crediti per la formazione professionale continua.

CONTATTI
Antonino PICCIONE - apiccione@libero.it- 06.6867522